Come è noto, la legge non contempla espressamente i casi di nullità o di annullabilità delle delibere condominiali. Invero l’art. 1137 del codice civile parla di impugnazione e di azione di annullamento, prescrivendo il termine di 30 giorni per la impugnativa da parte dei condomini non favorevoli alla deliberazione adottata e reputata affetta da vizi. E’ stata quindi opera della giurisprudenza fissare le linee guida di demarcazione fra delibere nulle o annullabili, sapendo che il termine breve di 30 giorni inerisce solo le seconde e giammai le prime, che quindi possono essere impugnate e disapplicate in ogni tempo.

La giurisprudenza ha così da tempo indicato come la sanzione della annullabilità sia connessa a vizi formali (irregolarità nella convocazione della assemblea, nella manifestazione del consenso, per mancanza dei quorum deliberativi, ecc.); laddove invece il più rigoroso vizio comportante nullità della delibera vada collegato a violazioni sostanziali (delibere che incidono su proprietà individuale e non condominiale, con oggetto impossibile o illecito o comunque non rientranti nella competenza della assemblea, ecc.).

Occorre peraltro sottolineare che la delibera condominiale resta in vita fintanto che non sia invalidata o comunque sospesa dal giudice per effetto di impugnazione. Vero è che i condomini, nell’ambito della loro autonomia, possono sempre con successiva deliberazione porre nel nulla un precedente deliberato, ove rivalutata la questione lo ritengano ingiusto o comunque invalido o insufficiente.

Volendo ora trarre un elenco esemplificativo delle possibili cause di invalidità e di sanzioni riconosciute dalla giurisprudenza, risulta dall’esame delle sentenze quanto segue:

Vizio della delibera/Conseguenza

– priva di elementi essenziali
nullità

– con oggetto impossibile o illecito
nullità

– modifica criteri di riparto stabiliti per legge o regolamento senza l’unanime consenso
nullità

– approvazione di spesa senza il quorum previsto dalla legge
annullabilità

– omessa indicazione dei condomini o delle quote dei favorevoli, contrari o dissenzienti
annullabilità

– imputazione delle spese legali a un condomino in assenza della sentenza che ne sancisca la soccombenza
nullità

In relazione a questi criteri sono intervenute due importanti decisioni a Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Con sentenza 7 marzo 2005 n. 4806 veniva posta una linea di demarcazione per la quale le differenti causa di invalidità venivano connesse al tipo di interesse leso: ove la deliberazione colpisse interessi sostanziali la sanzione veniva ricondotta a nullità; mentre se la deliberazione violasse interessi formali o strumentali (cioè a dire regole procedimentali) allora la sanzione si riduceva a mera annullabilità.

In questo senso la nullità consegue sempre a violazioni di legge o di regolamento tali da incidere sui diritti e la proprietà del singolo condomino, mentre si ha annullabilità ove vi siano errori di riparto o delibere adottate senza la prescritta maggioranza.

In buona sostanza la sanzione di nullità deve ritenersi l’estrema ratio, connessa a delibere che incidano sul piano sostanziale sulla posizione del singolo o comunque che violino in modo programmatico prescrizioni di legge o di regolamento.

Su questo filone si è poi inserita la sentenza, sempre a sezioni unite n. 9839 del 2021, che poneva la distinzione fra delibere che deroghino in maniera programmatica i criteri di riparto di spesa, da considerarsi nulle se non approvate da tutti i condomini, rispetto alle delibere che violino i criteri di spesa per un singolo caso e non costituiscano un criterio programmatico e in quanto tali da considerarsi solo annullabili.

In questa stessa sentenza la Cassazione arriva pure a consentire la richiesta di annullabilità delle delibere, in via di azione riconvenzionale in sede di opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento. Invero precedentemente si era sostenuto che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, non potevano trovare ingresso eccezioni in ordine alla validità delle delibere poste a supporto della richiesta di pagamento, ove queste non fossero state autonomamente impugnate prima della notifica del decreto ingiuntivo.

La Suprema Corte nella ultima sentenza citata afferma, quindi, che la nullità delle delibere condominiali, sanzione estrema che può essere fatta valere senza limiti temporali, debba essere considerata regola residuale e concorrente alla annullabilità, ma rilevante nei seguenti casi:

 

  1.  mancanza nella delibera di elementi costitutivi essenziali, quali carenza di volontà chiara dei condomini, assenza di oggetto o con oggetto impossibile o illecito, assenza di forma. Così ad es. dice la Corte per la delibera senza la votazione della assemblea, o priva di un oggetto determinato o senza una ragione giustificativa di spesa.
  2. delibere con oggetto impossibile in senso materiale o giuridico, prive cioè di una possibilità concreta di attuazione, o riferita non a beni comuni ma di terzi o per finalità extra condominiali.
  3. delibere illecite, cioè con contenuto contrario a norme imperative, al buon costume o all’ordine pubblico, ipotizziamo che una delibera contenga una discriminazione di sesso o di razza nell’uso degli ascensori.

In questo senso la delibera ad es. che approva lavori straordinari (pensiamo di questi tempi ai lavori di miglioramento energetico o di ristrutturazione delle facciate condominiali connesse pure ai bonus e agevolazioni fiscali) priva della contestuale costituzione del fondo speciale previsto dall’art. 1135 n. 4 codice civile, in quanto adottata in violazione di una precisa prescrizione obbligatoria di legge deve ritenersi invalida e nulla.

Avvocato Enrico Zuliani